di Edoardo Nico.


Siamo giunti oramai a più di un mese e mezzo dall’inizio del lockdown nel nostro paese, dovuto dall’emergenza del Coronavirus. Tante sono le emozioni che ci attraversano, tante le domande che si fanno strada nella nostra mente e può capitare di sentire altalenare il proprio umore, di ritrovarsi a dover gestire situazioni che oscillano dalla rabbia ai momenti di profondo sconforto e tristezza. Pensieri che si alimentano, uniti da un forte senso di preoccupazione sul futuro incerto che ci aspetta e ci si chiede quanto ancora possiamo reggere questa situazione.

Dalle informazioni confuse dei media, ai dibattiti politici, alla futura situazione economica, la nostra capacità di resilienza viene messa a dura prova e con essa si indebolisce anche la nostra percezione di noi stessi e ci si chiede come poter affrontare questa situazione inedita.

Benché questo periodo possa sembrare, in un primo momento, carico di negatività, esso può rivelarsi invece fruttuoso se ci si sofferma a riflettere sulle nostre abitudini e sui modelli di vita che finora abbiamo adottato. Abbiamo la possibilità di ricominciare tutto quanto da capo per ripensare noi stessi e i nostri sistemi produttivi, cercando di abbracciare modelli etici più consoni ai nostri bisogni e all’ambiente. Siamo dunque chiamati, noi e la nostra società, ad essere più resilienti.

La resilienza è, infatti, la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la nostra vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirci restando sensibili alla opportunità che la vita ci offre, in vista di una nuova rinascita. Da non confondere invece con la resistenza, che invece implica una processo di solo adattamento o avversione alle circostanze sfavorevoli.

Importanti sono i contributi offerti, a tal proposito, dallo psicologo Pietro Trabucchi, docente dell’Università di Verona e autore di numerosi libri sulla motivazione e sulla resilienza,  che ci spiega come la specie umana, più di qualunque altra specie, sia la più adatta ad essere resiliente e quali sono le operazioni da adottare per poterla allenare.

L’essere umano, spiega lo psicologo, è dotato di aree pre-frontali, nel nostro cervello, capaci di: rimandare la gratificazione per inseguire mete più lontane, iper-investire lo sforzo e l’ impegno e regolare in maniera molto precisa l’attenzione, concentrandosi in modo flessibile sugli stimoli in base alle necessità.

La resilienza inoltre può essere allenata attraverso un iter specifico che prevede:

1- l’intenzionalità mirata che consiste nel compiere azioni con desiderio consapevole di attenzione;

2- l’autoimporsi condizioni di gioco più difficili;

3-uscire dall’area di comfort;

4- stabilire degli obiettivi ben precisi;

5-misurare le proprie prestazioni;

6- incentivare la forza di volontà resistendo alle tentazioni e senza procrastinare;

7-  affrontare le sfide con curiosità e interesse;

8- allenare l’attenzione con compiti noiosi e lavorativi;

9- essere meno passivi nell’uso delle tecnologie digitali, stabilendo dei limiti;

10- disconnettersi da internet;

11- stabilire un contatto diretto con il proprio corpo;

12- leggere un libro ogni volta che se ne ha l’occasione.

Questa può essere, dunque, un occasione per apprendere e sviluppare una cultura della resilienza in un mondo che cambia costantemente e, come ci insegna il Coronavirus, soggetto anche all’imprevisto.

La resilienza è l’arma segreta del genere umano e costituisce la sua stessa essenza poiché, come ha affermato il poeta americano William Faulkner, nel suo discorso di accettazione del premio Nobel: “l’uomo non si limiterà a sopportare: egli prevarrà. Lui è immortale, non perché unico fra le creature ha voce inesauribile: ma perché ha un’anima, uno spirito capace di compassione, di sacrificio e di perseveranza”.